“Il Gioco del Rispetto”: telefono senza fili… senza rispetto

Ovvero criticare ciò che non si conosce.

Due giorni fa ho incontrato una sindaca (coetanea e conoscente da anni) del paese dove ho trascorso 10 anni della mia vita e in cui non  vivo più. Ella mi ha raccontato che è letteralmente sconvolta dalla “cattiveria” della gente e dalla tendenza a voler mettere il becco e criticare qualsiasi tipo di operato l’amministrazione compia. Le persone criticano addirittura il suo modo di vestire, a dir di molti troppo modesto. E’ altresì sconvolta dal fatto che spesso molte falsità vengano messe in rete e anche se rettificate (scusate il gioco di parole), ormai prendono una via di passaparola che le ingigantisce facendole ripiombare sul mittente stravolte e drammaticizzate, rovinando letteralmente la voglia di fare di chi si rimbocca le maniche e fa. Certo perché chi non fa ha tempo di criticare, aggiungo io.

Similmente a ciò che l’amata sindaca raccontava, ieri una persona a me vicina anche se geograficamente lontana, mi ha segnalato una diatriba a dir poco affascinante causata da un’iniziativa didattica promossa dal comune di Trieste per le Scuole dell’Infanzia, tal “Gioco del Rispetto”.

Persona a me vicina anche se geograficamente lontana: “Ho letto un articolo di una psicologa che spara a zero sul Gioco del Rispetto su un settimanale cattolico adducendo dichiarazioni senza fonti e sbrodolando opinioni personali senza minimamente dare riferimenti teorici. Vi fa fare davvero una brutta figura! Ti mando un po’ di rassegna stampa di tutta la faccenda perché è al limite del ridicolo”. Sono quindi andata a vedere tutta la storia.

Il “Gioco del Rispetto” è in soldoni un programma educativo ideato da una psicologa e un’insegnante e destinato alla scuola dell’infanzia che introduce i bambini al concetto di parità di genere attraverso giochi grafici e stimolazioni attive. Tale gioco si declina in alcune attività modulari che possono essere scelte dal gruppo insegnanti e proposte all’aula. Alcune sono puramente grafiche come l’accoppiare immagini di lavori “sassualizzati” (come la casalinga o il muratore, per intenderci) nella versione maschile e femminile. Altre, più attive, prevedono l’utilizzo di un gioco diffusissimo tra i piccoli (il travestimento) e il sentirsi il cuore con uno stetoscopio a vicenda per avere ad esempio la dimostrazione che nonostante i diversi sessi, il corpo funziona nello stesso modo.

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Non conosco benissimo il gioco ma a occhio mi pare un programma divertente e utile. Inoltre, è stato approvato e testato da professionisti dell’educazione e supportato da Università e Comune oltre ad essere adattabile alle esigenze educative perché si possono “attivare” alcuni giochi ed altri no. Insomma, un programma che insegna che “mamma e papà sono rispettabili per qualsiasi cosa facciano così come noi bambini saremo accettati qualsiasi mansione desidereremo svolgere nella nostra vita”.

Era chiaro però che a qualche papà o mamma questa cosa creasse problemi (insegnare ai bambini ad ascoltare il proprio corpo… NON SIA MAI!) per cui è successa una cosa che ha davvero dell’incredibile… o almeno, lo avrebbe in un mondo in cui c’è rispetto per il lavoro altrui e i giornali si informassero prima di sparare a zero sulle situazioni pur fare notizia per vendere 5 copie in più: sulle pagine di un settimanale cattolico triestino, un papà ha diffamato il progetto, dopo di che, un quotidiano locale ha passato parola come nel telefono senza fili, aggiungendo del suo e giudicando il progetto come “osé” senza neanche interpellare le progettanti né informarsi precisamente in cosa consistesse il progetto. A ruota, quotidiani un po’ meno locali hanno caricato la dose (inutile aggiungere che le autrici del progetto anche in questo caso non sono state interpellate) urlando allo scandalo e in questo tsunami mediatico, alcuni politici italiani hanno cavalcato l’onda sui social network, chi difendendo la profonda differenza tra uomo e donna come la grande preziosità della nostra società, chi, azione ben più grave, violando il copyright dell’attività e pubblicando sulla loro bacheca di Facebook (!!!)  uno strumento educativo rendendolo disponibile alla chiunque. Insomma, se ti macchi della “ideologia di gender” si ha diritto a violare i tuoi diritti (anche d’autore). Si sono mosse grandi firme, Susanna Tamaro ha preso a scusa la polemica scrivendo un articolo dal mio punto di vista anche condivisibile sull’educazione sessuale e sull’eccessivo controllo genitoriale in adolescenza… con la sola particolarità che “Il gioco del rispetto” non tocca le tematiche dell’educazione sessuale e non si rivolge agli adolescenti ma a bimbi in età prescolare.

Vi cito alcuni titoli

Il Mattino: “Travestirsi e nominare i genitali: ecco il «gioco del rispetto» negli asili”

Imola Oggi: “Trieste: in 45 asili il “gioco del rispetto” (toccamenti vari e travestimenti)”

Leggo: “Travestirsi e nominare i genitali: ecco il “Gioco del Rispetto” negli asili”

Il Giornale: “Bimbi travestiti da bambine: leggete il documento choc che regola il gioco del gender”

E’ un mondo difficile, cantava Tonino Carotone. E sempre più difficile è quel mondo in cui non ci si affida alle persone deputate e formate per dare quegli stimoli in più che in casa non si possono dare perché non si ha un gruppo classe intero. E’ un mondo difficile quello in cui leggi articoli di colleghi davvero poco onorevoli per la mia professione perché superficiali e da psicologia spiccia. E’ un mondo difficile quel mondo in cui anche i professionisti dell’informazione strumentalizzano miseri segnali per sminuire il lavoro degli altri e cavalcare l’onda dello scandalo. E’ un mondo difficile quando ci si rende conto che per alleviare la difficoltà sociale che oggi piomba sulla testa dei nostri bambini, bisogna lottare. E’ un mondo difficile quello in cui ci si scandalizza se un bimbo si veste da bimba o gioca con le bambole. E’ un mondo difficile quello in cui ancora si confonde la parità con l’uguaglianza perché uomini e donne non sono uguali, ma devono essere pari e il “mettersi nei panni dell’altro” passa sì dal travestimento, passa dall’ascolto del cuore, passa da attività che non sono sono adatte a genitori che pensano che il rispetto si possa insegnare teoricamente in un nucleo familiare chiuso, a prescindere dagli altri. Perché il rispetto parla proprio degli altri e io, madre, non posso sapere quali “altri” incontrerà il mio bambino. Lo sa solo lui, scoprendoli e imparando a conoscerli.

9 risposte a "“Il Gioco del Rispetto”: telefono senza fili… senza rispetto"

  1. Sono indignata per come è stata trattata la cosa, schifata anche perché credo che dietro ci sia una strumentalizzazione politica che nulla ha a che fare con l’interesse per i bambini e la loro tutela. Segnalo sul sito del gioco del rispetto l’intervento scritto oggi da una delle ideatrici che fa capire da un lato lo spessore delle persone che lo portano avanti e, dall’altro, la pochezza di chi ha scatenato e alimentato una polemica basata sulla disinformazione e sulla malafede.

    • A me cara Paola, sembra davvero che questa volta si sia superato il limite, a più livelli: quello mediatico e quello dell’intrusione genitoriale. Grazie.

  2. Pingback: Ghost Whisperer ovvero il bambino che sussurrava ai fantasmi | Casa LaLaiza

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